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Contro il liberalismo

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Davvero pochi pensatori politici spagnoli sono stati ammirati e detestati in tutta Europa e America come Juan Donoso Cortés. Riscoprire il principio religioso, denunciare la strada senza uscita del progressismo, proclamare che dietro ogni grande questione politica vi è una grande questione teologica, professare che una società che rinuncia alla propria religione presto o tardi perde la propria cultura, enunciare che la storia non ha altro senso se non quello della salvezza, affermare che all’origine dei disordini vi è la dimenticanza del cattolicesimo: da ciò scaturiscono le ragioni profonde, sebbene non confessate, della sua ammirazione o esecrazione.

Il nostro mondo postmoderno sembra accettare il declino ineluttabile delle profezie secolarizzate che fino a ieri annunciavano il raggiante futuro dell’uomo moderno. Giudicata arcaica, la critica donosiana dell’individualismo, del collettivismo, dell’economicismo, del materialismo e della grande mescolanza mondialista, oggi è più attuale che mai. A prescindere dalle insufficienze e gli errori del marchese di Valdegamas, è giusto riconoscere in lui una delle figure più importanti del pensiero politico spagnolo ed europeo le cui analisi, osservazioni, intuizioni e previsioni furono spesso geniali.

“La ragione umana non può vedere la verità se non le viene mostrata da un’autorità infallibile e docente; la volontà umana non può volere il bene né operarlo se non è dominata dal timore di Dio. Quando la volontà si emancipa da Dio e la ragione dalla Chiesa, l’errore ed il male regnano nel mondo incontrastati”.

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